Il silenzio della mafia non è mai di rassegnazione. Gli affari di Iovine e la successione
L’interregno breve dei Venosa, al vertice del clan dei Casalesi, dopo gli arresti di Antonio Iovine e Michele Zagaria, ormai, è storia criminale assodata, ratificata dai tanti ex affiliati che hanno deciso di collaborare con lo Stato.
Capire il Clan da chi è guidato adesso e come si sta muovendo: questi possono essere i nuovi obiettivi degli inquirenti. Capire, probabilmente, è un termine errato: l'antimafia partenopea ha esperienza, è caratterizzata da un abile intuito, è brava a leggere le dinamiche malavitose. Insomma, per la Dda (e tutte le sue articolazioni) comprendere è relativamente semplice: la vera sfida, invece, come è per qualsiasi attività investigativa, sta nel provare, nel puntellare le tesi con fatti schiaccianti.
Le indagini sul terzo livello, cioè quelle sui colletti bianchi, sui faccendieri in giacca e cravatta del Clan, sono iniziate e i quotidiani ospitano i loro primi effetti.
Servirà tempo, pazienza, ma anche i movimenti (in termini di riassetto criminale e di nuovi investimenti) compiuti nei recenti mesi di crisi per la camorra casertana, presto o tardi, saranno raccontati.
I futuri discorsi su tali tematiche, dunque, dovranno inevitabilmente ricollegarsi alla fase della post-cattura dei boss di S.Cirpiano e Casapesenna, periodo nel quale ha un breve ruolo di protagonista Salvatore Venosa.
"Quando Iovine fu arrestato, - ha raccontato alla Dda il pentito, - fu il figlio Oreste a darmi l’incarico di gestire il gruppo Iovine per conto del padre. [...] Mi incontrai con…omissis… e lo stesso… omissis… mi riferì che doveva venirmi a prendere a casa in quanto Iovine voleva che io gestissi sia la direzione e gli affari del clan, perché le cose all’interno del clan non andavano bene. Ricordo, - ha proseguito Venosa, - che… omissis… mi riferiva le doglianze di Iovine il quale si lamentavano che non venivano versate gli introiti nella misura in cui era stata stabilita sugli appalti dell’immondizia, sul Polo Nautico e sul altre estorsioni”
"In verità, - ha continuato il collaboratore, - il figlio di Iovine prese molta fiducia in me, tanto che chiese a me e Oreste Reccia, sempre nel periodo di Natale dell’ultimo anno, di sparare ad un imprenditore di San Cipriano d’Aversa che abita in via Aldo Moro, cosa che io effettivamente feci, perché non aveva pagato un debito di 180 mila euro padre. Voglio precisare, secondo quanto riferitomi da Oreste, che Antonio Iovine ha investito insieme all'imprenditore che poi ho sparato, un palazzo ad Aversa."
Venosa , ha informato la Dda di aver organizzato anche una spedizione punitiva insieme, al figlio di ‘o Ninno, a Maurizio Di Puorto, Reccia e coloro che “andarono materialmente a sparare all’imprenditore”.
“L’imprenditore, - ha precisato Venosa, - non fu sparato, ma Marco Simonetti e Nicola, detto lo specchiato, esplosero dei colpi contro il portone".
Vicende di una camorra con i vertici carcere,fuori gioco, di una camorra in fase di riassestamento. Vicende che si sono protratte anche negli ultimi anni.
Giuseppe Tallino
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