LA NUOVA MAFIA raccontata da un infiltrato, assoldato da ‘finti giornalisti’ all’Ex-Canapificio

ANTONIO BARDELLINO

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Che ‘Cosa nostra’ non fosse solo un problema siciliano, che la ‘ndrangheta non fosse esclusivamente una piaga calabrese, che la camorra non fosse unicamente un male campano, ormai, sono concetti  ovvi, metabolizzati.

Per molto tempo, però,  non è stato così: per anni, infatti, erroneamente, è passato il messaggio di una circoscrizione territoriale delle mafie.  Concetto falso: il crimine organizzato è stato abile nell'abbandonare precocemente la sua culla d’origine per espandersi, economicamente e militarmente, in ogni zona grigia appetibile, non badando ai confini.

La mafia ragiona in termini globali e causa illeciti di caratura globale.

La dura esperienza italiana consumata con ‘Cosa nostra’, camorra e ‘ndrangheta  è costata (costa) tanto: serve usarla, adesso, per evitare  che vengano commessi errori di valutazioni circa l’avvento di un altro pericolo criminale,  il quale, gradualmente, si sta radicando sul territorio nazionale:  si tratta del gruppo degli Eye, organizzazione di matrice nigeriana che ha riferimenti non sono nel bel paese, ma anche in Spagna, Francia ed altre zone europee.

La Dda di Napoli, che di solito è impegnata a confrontarsi con gruppi autoctoni, come il clan dei Casalesi, ha lavorato ad un’inchiesta, realizzaIMG_20160405_094509ta dai carabinieri di Grazzanise, guidata dal comandante Luigi De Santis, proprio su questa compagine  composta prevalentemente da africani, con base a Castel Volturno, abile nel fare affari con droga, estorsioni e tratta di esseri umani.

Ieri, questo complesso lavoro di indagine, coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pubblici ministeri Ilaria Sasso Del Ventre, Giovanni Conzo (ora Procuratore di Benevento)  e Alessandro D’Alessio, ha portato all’arresto di 22 persone (su 33 indagati), ordinato dal gip di Napoli, Vincenzo Alabisio, catturate nelle province di Caserta, Roma, Firenze Arezzo, Brindisi e Catania (CLICCA QUI PER LEGGERE).

Come sta accadendo per la cosca fondata da Bardellino, un ruolo decisivo nella lotta a questa nuova mafia va attribuito ai collaboratori, ai testimoni di giustizia.

Le rivelazioni di Christopher Schule, nigeriano 37enne, hanno concesso alla Direzione distrettuale antimafia di conoscere direttamente le dinamiche della feroce organizzazione in cui si è infiltrato per 3 anni.

“Quando dico che una persona fa parte del gruppo criminale degli Eye è perché conosco molto bene tale ambiente. Nel 2010, infatti, - ha raccontato Schule all’antimafia, - sono entrato a far parte di questo movimento, a seguito di una proposta lavorativa che mi è stata fatta da due giornalisti, uno di nome Emilio, un italiano, e l’altro di nome Romaen Flah.”

“I due, - ha proseguito il 37enne, - mi proposero di partecipare alla redazione di un documentario sulle attività illecite condotte in Italia e Spagna dai principali gruppi criminali africani, cercando di porre l’attenzione sulla tratta degli esseri umani e sull’importazione e gestione di stupefacente.”

L’incontro tra Schule ed i due sedicenti giornalisti avvenne nell’Ex-Canapificio di Caserta, zona frequentata quasi esclusivamente da africani.

Il testimone ha raccontato alla Dda di aver accettato quella proposta ricevendo, in cambio, 1500 euro mensili, versati su un suo conto corrente bancario.

Il collaboratore, che risiedeva a Castel Volturno, per assolvere l’incarico assunto  iniziò a chiedere sul litorale a suoi conoscenti notizie “sulle modalità di accesso ai sodali criminali”, circostanza che lo fece imbattere in Ade Bayor.

Mi condusse a casa di un africano che si fa chiamare Obasie, il quale mi fece fare un colloquio e poi mi invitò in una giornata seguente a fare un giuramento di sangue.”

Avete presente la storia del santino bruciato in mano, raccontata dal regista Tornatore ne Il Camorrista, oppure alla pungitura narrata dal boss Antonio Iovine? Ecco, gli Eye vanno oltre, realizzando un mix tra ritualità e stregoneria.

“Fui introdotto, - ha continuato Schule, -  all’interno di un’abitazione dove si trovava Obasie con altre 10 persone. Qui vi era un agnello al quale venne tagliata la gola. Una di queste persone versò il sangue dell’agnello in un bicchiere di vetro che  mi porse e la stessa cosa  feci nei confronti di altri quattro ragazzi. All’interno di questo bicchiere con il sangue, uno degli officianti mise la mia foto con scritto il mio nome sopra assieme alla foto di un’aquila, che è il simbolo degli Eye, quindi diede fuoco alle due foto e mi fece bere il contenuto del bicchiere con il sangue ed i frammenti delle foto parzialmente combuste. Però prima di berne il contenuto mi fece recitare una formula in lingua Benin, Hausa ed Inglese, che diceva pressappoco così: ‘I begin, not to end. I give my power to myself end to use it only in self-defense. Ottagni, Sensei, Sapamni’.

Durante i diversi colloqui con i giornalisti, il collaboratore capì che i due, in realtà, non erano cronisti, ma persone appartenenti a qualche forza di polizia spagnola sotto copertura.

“Si stavano in realtà occupando del traffico di organi, gestito dagli Eye in Spagna e in Italia. Ricordo che fui inviato da loro in Spagna, in una caserma nella città di Sol, vicino a Madrid, in un posto chiamato Imbarcadores, dove entrai in contatto con altri poliziotti spagnoli”.

Schule fece l’infiltrato dal 2010 al 2013. “Dissi a questi poliziotti che dovevo abbandonare e allontanarmi da quell’ambiente, perché la situazione era diventata pericolosa, soprattutto per i motivi legati alle minacce nei confronti di Sa’ Adatt Joy Okosum, che gli Eye volevano far prostituire  con la forza e che io ho cercato di aiutare e che poi sarebbe diventata mia moglie.”

Ma l’affiliazione non prevede abbandoni.  Schule iniziò a non frequentare più gli incontri bisettimanali del gruppo, così venne fermato per strada da due iniziati. “Mi ricordarono del giuramento che avevo fatto, aggiungendo che mi avrebbero impedito di portare avanti le mie iniziative lavorative e me l’avrebbero fatta pagare. Io, però, - ha dichiarato il testimone, - ribattevo che qui non era come in Africa e che in Italia ci sono delle leggi. Da allora sono cominciate le minacce e gli accoltellamenti nei miei confronti e nei confronti di chi mi frequenta, che io ho sempre denunciato”.

Giuseppe Tallino