CLAN SENZA CONFINI: «Con le tangenti si corrompevano funzionari e politici e si aggiudicavano le gare»

Schiavone Di Caterino Schiavone

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La mafia non ha confini. Si insinua ovunque, in qualsiasi zona caratterizzata dal grigio, dall'ambiguità.

Le logiche che portavano a credere l’incidenza del clan dei Casalesi solamente nell’agro aversano, ormai, sono superate, smentite dai fatti. A confermare questa considerazione, messa nera su bianco anche dalla Dia nelle sue relazioni semestrali, ci sono pagine e pagine di verbali riempite da affiliati adesso pentiti.

Le loro dichiarazioni tracciano una Terra di lavoro che, quasi in modo totale, direttamente o indirettamente, ha avuto a che fare con la camorra.

Due anni fa, nel 2014, il collaboratore di giustizia Emilio Di Caterino si è concentrato sull’alto casertano: “In quelle zone, - ha dichiarato il pentito, - gli appalti venivano gestiti dalla famiglia di Francesco Schiavone, detto Sandokan, che aveva i suoi referenti. Tutti i comuni dell’alto casertano dell’area di Piedimonte Matese erano tutti sotto la sua influenza”.

Di Caterino ha proferito tale concetto quando, interrogato dalla Dda, ha parlato dell’imprenditore Claudio Schiavone, imputato nel processo sulla metanizzazione. “[…] Ricordo che nelle zone dell’alto casertano Claudio Schiavone si era aggiudicato molti appalti, in particolare nei comuni di Dragoni e Baia Latina. Lui operava sul territorio di Villa Literno e aveva Antonio D’Amico a cui subappaltava le opere. […] Non posso dire con certezza, - ha precisato Di Caterino, - se Claudio Schiavone aveva legami con politici dell’alto casertano o dirigenti, ma il sistema funziona così, con le tangenti si corrompevano i funzionari ed i politici e si aggiudicavano le gare. Omissis…”

Giuseppe Tallino