AFFARI DI CAMORRA. Il pentito Caterino in aula si canta gli imprenditori e il misterioso ingegnere in Regione

Fotnana Barbato Caterino Zagaria

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E’ stato il pentito che, per primo, ha consentito all’antimafia di entrare, senza filtri, nel mondo Zagaria.

E’ stato il pentito che, con le sue dichiarazioni, ha contribuito alla realizzazioni di complesse indagini tese a scandagliare il rapporto tra imprenditoria e camorra.

L’ex affiliato, ora collaboratore di giustizia, Massimiliano Caterino, è stato ed è tutto questo.

Stamattina, al processo Medea, il collegio del tribunale di Aversa (che si appoggia nello stabile partenopeo per esigenze strutturali) ha ascoltato proprio ‘o Mastrone.

Con l’aula 710 era video-collegato, da Sassari, Giuseppe Fontana. In udienza, invece, erano fisicamente presenti gli imputati Orlando Fontana, Cervizzi, Silvano Monaco, Tommaso Barbato e Vincenzo Pellegrino. Assente Lauritano.

Il pentito, interrogato dal pm Giordano, ha iniziato le sue dichiarazioni con il racconto dei periodi di carcerazione subiti, per poi passare al perché della sua affiliazione. “Sono entrato nel clan per i rapporti con Antonio Zagaria. Beatrice (sorella del boss Michele Zagaria ndr) è stata mia testimone di nozze, nel 2003. Si fidavano perché ero serio, non mi drogavo. […] Mi occupavo - ha proseguito Caterino -  del rapporto con gli imprenditori e della cassa.”

Il pentito, rispondendo alle domande del pubblico ministero, ha ribadito la distinzione tra impresari (quelli da estorcere e quelli che erano in affari con Zagaria), già rendicontata in pagine e pagine di verbalii 

Figura centrala, per Caterino, alla base di tale differenziazione, era quella di Franco Zagaria, cognato di Michele Zagaria. “Ad alcuni faceva prendere lavori. Era influente in Regione, nell’ultimo periodo nel settore idrico, nell’ospedale, in Provincia, a Casapesenna, a S.Maria”

Il pentito ha fatto i nomi degli impresari che avrebbero avuto relazioni, diciamo così, di primo pelo col gruppo Zagaria. “Tra questi c’erano Fontana, Donciglio, Franco Martino, Garofalo, Licenza.”

“Conosco Pino Fontana, - ha specificato Caterino.  - Aveva ottimi rapporti con Michele Zagaria. Si è incontrato con lui più di una decina di volta. Era semplice incontrarsi con Zagaria. Lo andava a prendere un ragazzo pulito e si vedevano. […] Una volta, a casa di Carmine Zagaria, abbiamo cenato con Franco Martino, portarono un rum cubano, e Fontana ci chiese un incontro con Michele. […] Pino Fontana ebbe problemi, in seguito,  col fratello Oralndo, che pure conosco. Faceva uso di stupefacenti”.

L’ex braccio destro del boss di Casapesenna ha parlato pure di Giuseppe D’Alessandro, cugino di Pino Fontana, e della Vicar di Luciano Licenza, società che costruì, a detta del collaboratore “molti appartamenti a Caserta”.

E’ emersa, nel corso dell’esame anche la misteriosa figura di un ingegnere, in Regione, che avrebbe favorito proprio l’affidamento di appalti alle presunte ditte ricollegabili a Michele Zagaria. Un professionista che veniva retribuito, ha spiegato il pentito, “dal Clan in base ai lavori. Veniva pagato dalla cassa privata di Zagaria. Dell’ingegnere – ha chiarito Caterino, - sapevo io e la famiglia Zagaria.”

Il teste ha menzionato anche la figura di un altro imputato, l’ex senatore Tommaso Barbato, dell'Udeur.

Il collaboratore ha ripercorso anche l'andamento "frenato" dell'organizzazione mafiosa nel periodo di post-cattura di Zagaria, periodo nel quale fu consegnata una lista degli imprenditori da taglieggiare e non consegnata  “a Salvatore Venosa e Oreste Reccia."

L’esame si è concluso con il racconto dell’episodio, richiesto esplicitamente dal pm Giordano, riguardante Francesco Martino, non imputato al processo Medea. “Accompagnammo da lui Michele Zagaria. Quando tornò però era arrabbiato, disse che la moglie di Martino era stata fredda, non gli aveva preparato neppure la cena. Zagaria non voleva farlo lavorare più, cioè non voleva fargli prendere più appalti in tutta la Campania”.

Giuseppe Tallino