STORIE DI UNA CAMORRA CHE FU. Quando Caterino trattava con Bidognetti e le estorsioni ‘comuni’
Gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme invecchiano, come recitava la canzone di Giorgio Consolini, e, aggiungiamo noi, gli accordi saltano. E’ fisiologico: il tempo logora i patti, le relazioni, anche quelle criminali.
Massimiliano Caterino, primo pentito del gruppo guidato dal boss di Casapesenna, nei suoi verbali, racconta una camorra che, ormai, come ha confermato Iovine, non c’è più. Quando è chiamato a riferire su Alfiero Nicola, detto ‘o capritto, “fratello di Massimo e figlio di Vincenzo”, l’ex braccio destro di Zagaria menziona intese, piani, che in rappresentanza della sua fazione di appartenenza andava a concordare con i Bidognetti. “Negli anni 2002/2006 Io mi rapportavo con loro, - ha dichiarato ‘o Mastrone nel novembre del 2014, - e con Raffaele Bidognetti per concordare le strategie del gruppo, soprattutto nel campo estorsivo. […] Mi rapportavo con i vertici delle altre fazioni e quindi io avevo rapporti esclusivamente per i bidognettiani con Raffaele e solo in sua assenza con i fratelli Alfiero e con Ciccio di Marano, cioè Francesco Di Maio.”
C’era dialogo all’interno del Clan. Non si era registrato ancora quello sconfinamento che porterà Luigi Guida perfino a minacciare i sindaci. C’era la cassa comune. C’era uno schema preciso, adesso imploso.
Ranconta un’organizzazione che non c’è più, che non c’è più almeno rispetto ai vecchi schemi, anche un altro pentito, Michele Persichino, sempre quando viene interrogato dall’antimafia su Nicola Alfiero.
“Il denaro di alcune estorsioni veniva portato a Mondragone da ‘o Capritto; costui si occupava di protare soldi per vicende estorsive che erano chiuse anche insieme ai Casalesi…omissis…”
Altra dichiarazione, quindi, che attesta una concordanza che fu. “Io stesso, - ha proseguito Persichino, nel lontano 2002, - ho fatto un’estorsione con Nicola Alfiero: credo che i fatti risalgono al ’03, ’94. Vi erano dei lavori di ristrutturazione in una scuola in località San Nicola, che si trova dietro la chiesa. Io mi recai con l’Afiero che accompagnai con la mia moto; l’Alfiero entrò lui a parlare con la persona che stava facendo i lavori perché si trattava di un casalese. Fu lui che si mise d’accordo per l’estorsione. L’Afliero si occupava anche dell’estrsione per i lavori di un’altra scuola che si trova sulla Domitiana alle spalle della clinica Salus… omissis…”
La mole di estorsioni e la facilità presunta raccontata dai pentiti con la quale venivano consumati tali atti criminali è diventata un ricordo come la vecchia struttura del clan?
Giuseppe Tallino
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