Ecco come evitare la ‘morte certa’ del blocco anti-Antropoli: arrivano i primi segnali di distensione (?)

Frattasi Gucchierato Minoja Villani Barresi Di Monaco

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Chi fa politica ha delle responsabilità verso la comunità che vuole rappresentare, oneri che devono indurlo a dire, chiaramente, se, nel suo percorso pubblico, ambisce a diventare alternativa di governo, oppure semplicemente desidera continuare ad indossare i panni comodi dell’urlatore, dell’oppositore.

Il sottrarsi da questi obblighi di chiarezza è inattuabile, perché, prima o dopo, i fatti, le azioni o l’inattivisimo si incaricheranno di spiattellare gli intenti pregressi.

Fare una riflessione del genere significa preparare le basi per un dibattito inesauribile sul fino-a-che-punto-conviene-spingersi-per-vincere. E si tratta di una disputa complessa. Complessa, però, solo se viene affrontata in teoria.

Calando, invece, questa controversia nella fattispecie capuana, ancor più specificamente nel blocco anti-antropoliano, la sintesi del ragionamento è facilmente scrutabile.

Lo scriviamo senza fronzoli: se le parti che vogliono interrompere il dominio amministrativo del chirurgo del Cardarelli arrivano divise alle elezioni di primavera, si incammineranno tutte verso morte ( politica) certa.  Frazionarsi è darsi sadicamente una martellata dove non batte il sole. Frazionarsi è scegliere (con o senza malizia) di non giocarsela, è dar sfogo alla malattia che per lustri ha assillato la sinistra italiana, l’inconcludentismo acuto.

Chi da anni, o da pochi mesi, ha deciso di opporsi ad Antorpoli deve scegliere, proprio come abbiamo detto ad inizio articolo, se dar sfogo ai propri orticelli, ai fugaci sogni di leadership, all'accaparramento dei pochi scranni di minoranza (magari da far traslare, ad urne chiuse, nella futura maggioranza), oppure se dar mostra di maturità, abbracciando la logica del passo indietro, i pizzichi sulla pancia e l’onesto compresso  per cercare di essere quantomeno competitivi.

Dopo la scissione tra il Patto Civico e La Capua che vogliamo, dopo i messaggi lanciati più o meno sottotraccia da alcuni esponenti delle due aree divorzianti, sembra che adesso questi schieramenti stiano realmente tentando di ricreare un’intesa, un riavvicinamento da saldare con l’attuazione dei canoni pretesi dal gruppo di Villani  nella scelta del candidato sindaco.

In una realtà del genere, quindi, la discussione sul fino-a-che-punto-conviene-spingersi-per-vincere risulta abbastanza semplice, naturale, perché si tratta di estendere un’alleanza a forze che hanno, almeno teoricamente, lo stesso intento,  forze, tra l’altro, appartenenti in sostanza alla medesima area politica (salvo romaniani e simili).

L’identikit di chi dovrebbe guidare quella coalizione, in base alle scremature imposte da Capua 3 luglio e Pd, andrebbe a sfrondare abbondantemente l’elenco dei tanti aspiranti sindaci, tra i quali spicca Pasquale Frattasi. Se accordo ci sarà, dunque, l’area di scelta per il capo-coalizione si restringerà radicalmente.

Ma il singolo, a Capua, stavolta, conta poco.

Giuseppe Tallino