AFFARI DI CAMORRA. La confessione del pentito: «Il sindaco di ciascun paese doveva dare il suo assenso»

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La politica ha avuto un ruolo nell’affare metanizzazione dell’agro aversano? La risposta ufficiale sarà fornita, fra un po' di tempo,  dai giudici del Tribunale di Napoli Nord.

La tesi accusatoria della Dda, invece, prevede già un responso (che andrà evidentemente verificato).

Gli inquirenti dell’antimafia, infatti, hanno dato una funzione precisa all’interno del business: quello di indicare i subappalti da affidare.

Tale compito, secondo la Procura ed il Gip Colucci, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, va incasellato nella “strategia della Cpl, tesa a mascherare l’accordo con il Clan, evitando contatti ‘diretti’ tra l’azienda modenese e gli affiliati, creando, - ha specificato il giudice partenopeo, - una sorta di filtro attraverso Antonio Piccolo, interfaccia imprenditoriale della famiglia Zagaria, e per conto di questi di tutto il clan dei Casalesi.”

Dà un sopporto al disegno della Dda e della Colucci anche il collaboratore Antonio Iovine. “[…] Il sindaco di ciascun paese doveva dare il suo assenso, mi pare, attraverso una delibera, in ordine alla scelta del subappaltatore: invero, vi posso dire che tutti i sindaci furono contattati e avvicinati, sempre tramite Antonio Piccolo, e gli fu detto di deliberare l’assenso e di dare l’ok in relazione ai menzionati subappaltatori che noi ‘Casalesi’ avevamo scelto.  Non posso dire, - ha chiarito ‘ o Ninno, - se tale assenso del sindaco sia o meno previsto dalla legge, posso dire per ceto però che faceva parte dell’accordo preso tra i Casalesi, il Piccolo e la Concordia, nel senso che era un modo per ‘tutelare’ la Concordia stessa in ordine alla scelta dei subappaltatori da noi indicati: in sostanza l’assenso era per mettere le carte a posto; tutto ciò, però, fu il frutto di un accordo preso con la Concordia Stessa.”

Il giudice per le indagini preliminari, a conferma di queste dichiarazioni, ha sfruttato anche l’interrogatorio di Giuseppe Cinquanta, il quale, di fronte alle contestazioni mossegli “gioca la carta precostituita delle indicazioni dei sindaci, al fine di declinare ogni forma di responsabilità e di spiegare come vennero individuate ditte del luogo (peraltro, - ha scritto testualmente la Colucci, - tutte legate al clan) che una società del nord Italia non poteva certamente conoscere.”

Giuseppe Tallino